Per quanto riguarda la trasmissione transgenerazionale della sofferenza psichica – che spesso avviene in negativo- non è chiamata in causa la carenza di cura nell’accudimento primario del bambino, come ormai proposto dalle teorie difettuali, né tanto meno la trasmissione di caratteristiche pulsionali o istintuali innate. Ed è anche qualcosa di differente da quello che potremmo indicare come una semplice inversione di flusso delle identificazioni proiettive (dal genitore al bambino) tali da essere scaricate nel bambino che ne diviene l’assuntore, come troviamo in varie descrizioni di disfunzionamento di relazioni primarie.
Di cosa si tratta?
È qualcosa di ancora più significativo e specifico: trattasi della identificazione segreta con sequenze di fantasie non coscienti, non riconosciute e non transitabili che passano da una generazione all’altra, sino a esprimere tutta la loro patogenicità. Il concetto di identificazione proiettiva da solo non è sufficiente a rendere conto di trasporti spesso così specifici e organizzati.
Come si manifesta?
Il transgenerazionele è sia ripetizione fino alla caricatura che lega una generazione all’altra in una identificazione alienante, o all’oggetto transgenerazionale, che il principio stesso del processo identificante. Tutta la posta in gioco nella trasmissione intergenerazionale sta in questo interfaccia tra dentro e fuori, passato e presente, continuità e differenza.
Per fortuna c’è l’epigenitica
Per diventare efficaci, le disposizioni psichiche ereditarie devono essere stimolate da certi avvenimenti della vita individuale. Ecco farsi avanti un’idea moderna, quella dell’epigenesi, per la quale il neonato viene al mondo con dei funzionamenti e delle strutture potenziali che l’interazione intersoggettiva con l’ambiente attualizza.
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