Per un’ecologia delle relazioni nell’età della vertigine digitale.
Ogni incontro con l’altro è principio di vertigine e le regole si fanno mentre si vive.
“La mappa non è il territorio, la mappa è azione.”
Tutta la società-mondo è contemporaneamente dentro e fuori di noi e noi siamo densi, stratificati di relazione.
Una discesa nel Maelstrom________ E.A. Poe
Sopravvive chi osserva, assorbe e si distacca. Esser legati l’uno con l’altro in un tempo di vertigine in cui ci si salva da soli ma con un prezzo enorme: la solitudine senza sé. Siamo immersi nella vertigine della post-modernità da talmente tanto tempo che abbiamo perso gli ancoraggi (basta pensare che nel 2018 erano attive 7,8 miliardi di sim, ovvero più della popolazione mondiale e abbiamo più di 100 miliardi di smart object).
E quanta conoscenza perdiamo nell’informazione?
La mediazione simbolica è l’incontro fra le memorie e le attese. Le memorie non sono mai individuali ma socio-tecniche. Attenzione però, perché la tecnica essendo espressione di potenza da un lato apre delle possibilità e dall’altro esonera dal coltivare certi apprendimenti. Le attese sono l’esser proiettati su un desiderio e il presente, il qui e ora è pieno, e capitola tutto quello che siamo stati al cospetto di un futuro che trascina.
I luoghi della caduta
sono la politica, l’educazione e l’ambito della cura. Naturalmente la gerarchia non è solo
verticale, attenzione ai conflitti orizzontali, e non può non esserci un regolatore meta-individuale: la mediazione individuale ha lasciato il posto alla mediazione tecnica
E come possiamo stare dentro questa vertigine digitale?
Interrogandoci sulle capacità che dà e toglie la tecnica; combattendo l’onnipotenza che l’uomo sia esterno a mondo. Possiamo uscirne solo se usciamo dal paradigma del controllo. Nella vertigine digitale il concetto di velocità è fondamentale: se pensiamo ad esempio che le fibre ottiche di ultima generazione trasportano i segnali che viaggiano a due terzi della velocità della luce, mentre i segnali del nostro cervello da due metri a 150 metri al secondo… Siamo inseriti continuamente in un passaggio all’atto che oggi comporta anche una produzione economica automatica e psicotica, non legata con la realtà e la cultura. Ci stiamo in questa realtà attraverso una mediazione esterna che è simbolica e tecnica, che è senso emergente ma con l’occultazione e il controllo dei sensi, dei significati, delle emozioni e degli accusati/capri espiatori, a discapito di una caduta della gerarchia.
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